Lo sport è “punto di ripartenza” solo se l’ambiente sportivo prende consapevolezza del ruolo formativo dei ragazzi.
“Una competizione sportiva che accolga in sé una serie di “buone pratiche educative” deve definire e regolare un insieme di codici volti a salvaguardare l’integrità dei partecipanti, inibendo la violenza attraverso l’istituzione di regole condivise dai contendenti e mai subite. In questa prospettiva lo sport, come attività organizzata, introduce in particolare nel mondo dell’adolescente un elemento moderatore, sollecitando i soggetti alla gestione del carattere tumultuoso e impulsivo che contraddistingue questa fase dell’esistenza.
Nell’ottica della promozione di uno sviluppo globale dell’individuo nelle diverse fase del ciclo di vita, allora, lo sport rappresenta un contesto nel quale poter sperimentare e rafforzare una moltitudine di competenze trasversali che possono essere utilizzate anche in altri ambiti di vita; tra queste, l’imparare a fronteggiare i problemi in maniera efficace si presenterebbe come uno degli obiettivi formativi da perseguire anche attraverso la pratica sportiva.”
Tratto dal libro “Sport e adolescenza”
Ho letto e riletto queste righe che racchiudono un concetto ormai perso nel tempo e cioè “imparare a fronteggiare i problemi in maniera efficace”.
Siamo di fronte a dei cambiamenti epocali in tanti settori e quello sportivo non è escluso tanto che dobbiamo riconsiderare il valore dello sport in età adolescenziale per ricostruire le basi di un ambiente sano tra i professionisti e una migliore umanità di chi svilupperà la propria vita in altri campi.
Educare alle regole, al sano agonismo e alla performance piuttosto che al risultato non è più qualcosa che si accosta all’aspetto fisico-tecnico ma, secondo il mio punto di vista, il tema centrale.
Chi ha in mano i ragazzi di diverse età nelle varie discipline sportive, deve avere le competenze sufficienti per sviluppare questi temi e comprendere l’importanza di focalizzarsi su questi obiettivi invece di pensare a vincere a ogni costo.
Nello sport stiamo costruendo il futuro di atleti che, essendo principalmente persone, andranno ad alimentare il nostro mondo e che potranno essere gli artefici di cambiamenti positivi per l’umanità solo se saranno consapevoli di quale sia il comportamento e l’atteggiamento giusto da tenere.
Non si tratta di una partita, del campionato o di una gara. La posta in gioco è ben più alta e gli allenatori sportivi dovrebbero ritornare a comprendere questo aspetto e come il loro operato influenza in modo importante il futuro dei ragazzi.
Occorre imparare a fronteggiare i problemi in modo efficace attraverso le competenze e le esperienze per cercare nuove soluzioni più consone al mondo d’oggi, ecco la differenza!
Rivolgersi al passato può essere utile per una comprensione dei motivi che ci hanno portato alla situazione presente ma oggi le soluzioni devono essere innovative e per essere tali devono essere rivolte al futuro.
Attraverso la competenza e la padronanza di sé stessi, si è in grado di utilizzare la creatività applicata al concreto. L’efficacia della persona che ha vissuto lo sport nel modo corretto gli permette di sentirsi capace di trovare le soluzioni e di metterle in atto con maggiore propensione alla sperimentazione del nuovo piuttosto che ripercorre il passato.
Abbiamo questa grossissima responsabilità: crescere una generazione che abbia fiducia in sé stessa, che comprenda concretamente che il futuro è nelle loro mani. I ragazzi hanno bisogno di sentirsi fautori del proprio futuro!
Un passo alla volta, una persona alla volta, ognuno di noi può dare il suo contributo a questo progetto attraverso la coerenza e la convinzione che la comunione di più persone con lo stesso obiettivo potrà cambiare le cose.
Lo sport ha questo potere? Si ma dipende da ognuno di noi.