Mi dica lei com’è mio figlio a scuola che con me non parla più.
Come gestire l’improvvisa chiusura al dialogo dell’adolescente.
Recentemente ho avuto un confronto con un insegnante che mi ha raccontato un episodio non così raro, contrariamente a quanto si possa pensare: Un genitore al colloquio con il professore ha confessato di non avere idea di come il figlio vada a scuola visto che da qualche tempo il ragazzo si è chiuso in se stesso e non parla.
Ai frequenti tentativi di interazione con il figlio generalmente la risposta è molto simile ad un grugnito, metodo di comunicazione considerato molto eloquente dal punto di vista del ragazzo che lo ritiene universale e lo utilizza per dare risposte a diverse domande: hai fame? Stai bene? Come va a scuola? Hai fatto i compiti? ti sei lavato? Al genitore non rimane che interpretare il significato.
Il risultato è che il dialogo non esiste e il genitore non sa che pesci pigliare per riavere il suo bambino di qualche tempo fa e che “fino a ieri” pendeva della sue labbra.
L’adolescente dall’oggi al domani entra in una fase della sua vita in cui i genitori non sono più il centro del mondo e anzi, possono diventare i nemici da combattere in modo molto duro.
Succede anche quando si sono presi tutti gli accorgimenti educativi e si è fatto del proprio meglio.
A questo punto il genitore dovrebbe armarsi di santa pazienza , di amore incondizionato e aspettare che sia il figlio a decidere quando e come riaprire il dialogo.
Insistere e rimproverarlo per questa chiusura può solo peggiorare la situazione portandola sui binari pericolosi di un braccio di ferro utile solo a dimostrare chi è più testardo nel voler far valere le proprie ragioni.
La soluzione è quella di utilizzare un “dialogo rispettoso” in cui il genitore, con calma e al momento giusto, si rivolge al figlio evidenziando il proprio bisogno di comprenderlo, e di sapere semplicemente come gli vanno le cose.
Per essere efficace questa necessità deve essere posta non come un diritto dettato dal fatto di essere l’adulto, ma come interesse reale nei suoi confronti. Il genitore dovrebbe sapere trasmettere il suo bisogno di conoscere se ci sono situazioni che disturbano il figlio e manifestare l’intenzione di accogliere richieste e dichiarazioni del ragazzo riconoscendole come necessità e dovrebbe fare in modo che non diventino motivo di rimprovero e tantomeno cadere nella tentazione di dare il consiglio migliore…che parte sempre dalla visione del genitore e non dalla quella del figlio.
Chiedere come pensa di affrontare e/o superare eventuali difficoltà infonde profonda fiducia nell’adolescente che può prendersi la responsabilità delle sue decisioni con l’appoggio del genitore.
In questo modo inoltre si offre al figlio una straordinaria occasione per migliorare l’autostima . E’ il momento giusto in cui il genitore si fa “da parte” e non interviene nell’opera del ragazzo.
Il rapporto inizia ad entrare nella parità di espressione e di considerazione. Questo non significa la scomparsa dei ruoli naturali (genitore-figlio) ma evidenzia la disponibilità di volere iniziare a vedere l’adolescente come un “piccolo adulto” e non più come un “bambino grande”.
In segreto, poco in evidenza, il genitore attraverso la sua attenzione di adulto esperto, potrà e dovrà sempre vigilare sul ragazzo….