Essere vincenti anche nelle sconfitte
Fare attività sportiva per un adolescente appassionato è certamente un ottimo modo di crescere e di confrontarsi con se stesso e con gli altri ma può diventare fonte di ansia.
Nella crescita il ragazzo passa da un’età in cui gli errori sono permessi e lo scopo primario dello sport è il divertimento all’età dell’adolescenza in cui la competizione e il vincere diventano elementi primari.
Forse si dovrebbe mantenere maggiormente in considerazione l’aspetto ludico dello sport ma sono solo belle parole che non trovano molto fondamento nella realtà.
E’ allora cosa fare?
L’ansia può essere di natura diversa, come il voler vincere a tutti i costi, il giudizio delle persone vicine come l’allenatore o i genitori, il pubblico poco rispettoso o gli amici che non si risparmiano accuse a errori commessi in campo.
Questo fardello può intaccare la stima e la tranquillità dell’adolescente anche fuori dal campo, nella vita di tutti i giorni e rendere il quadro ancora più preoccupante.
Diventa importante dare il giusto peso alla competizione e far comprendere come lo sport sia fatto di vittorie e sconfitte un po’ come nella vita, con il vantaggio di innestare il germoglio della resilienza e della capacità di gestire l’ansia.
L’allenatore ha in mano una grande responsabilità nel gestire questo passaggio in cui i ragazzi imparano a dare il loro meglio in campo sapendo che il risultato non è sinonimo di valore personale ma l’insieme di fattori diversi.
Anche il genitore può fare la sua parte nel sostenere il figlio non solo nelle vittorie ma soprattutto nelle sconfitte dimostrandogli fiducia e appoggio.
La capacità di gestire l’ansia da prestazione nell’adolescente è un risultato di squadra in cui gli adulti hanno un ruolo fondamentale nel mantenere le attese su un piano sopportabile per il ragazzo che non si sente gravato di troppa responsabilità rispetto alla sua capacità di resistenza.
Responsabilizzare i ragazzi con gradualità e focalizzare la loro azione sul dare il loro meglio è un buon modo di crescerli perché prenderanno consapevolezza del loro comportamento indipendentemente dal risultato finale.
Con il tempo questo “rallentare la crescita agonistica” sarà tutto di guadagnato perché avremo atleti capaci di gestirsi e di resistere con più fiducia e autoefficacia.